Non sapendo quando l’Alba possa arrivare, Lascio aperta ogni Porta. Che abbia Piume (o Ali), come un uccello Oppure Onde, come una riva. (Emily Elizabeth Dickinson)
“Un gruppo di bambini e bambine con disabilità si perde nel bosco. O forse sono stati abbandonate. Forse inseguivano un amore. Forse il bosco, un giorno, è semplicemente cresciuto attorno a loro. Cosa potrebbe accadere? Cosa ne sarà dei loro corpi? Cosa dei loro cuori? Delle carrozzine e delle stampelle? Cosa guarderanno i loro occhi? Che lingua parleranno? E chi li trova per caso o desiderio, come deve avvicinarli? Può farlo? Saprà chiedere permesso?“
Performer, autrice, regista/coreografa, vincitrice nel 2018 del Premio Ubu come Miglior attrice/performer under 35, Chiara Bersani con Sottobosco costruisce un ambiente in cui gruppi estemporanei di persone con disabilità si potranno incontrare e diventare comunità. Di questo ambiente, ad oggi, conosciamo solamente la stratificazione. Ci sarà un cielo sopra le nostre teste, inaccessibile e orizzontale, nel quale si muoveranno suoni e luci con la stessa inesorabile andatura dell’universo che si espande. Ci sarà un sottobosco che vivrà sotto quel cielo e sarà abitato dai performer, dal pubblico, da altri suoni e altre luci che vivranno tremanti come i corpi e le piante.
Cosa ci sia tra il cielo e il sottobosco ancora non lo sappiamo. La dimensione sonora della performance rimanda al tracciato multiforme e multidimensionale che può percorrere un meridiano, dal polo nord al polo sud. L’evoluzione del suono durante l’opera ospita un movimento iperbolico che attraversa stati, spazi di luce e di oscurità, texture di materie differenti, pulite e nebbiose, vuote, larghe o strette. Micro suoni, mondi piccolissimi che abitano queste macro forme, dettagli che costruiscono un ambiente spaziale vivo e in ascolto, in continua trasformazione.